Lo smaltimento delle ramaglie: a che punto è la normativa?

La cura del territorio è una pratica antica, una simbiosi con la terra e i suoi equilibri. La falciatura e la potatura sono modifiche antropiche che modellano il paesaggio,incentivano il rendimento agricolo dei campi, tutelano il patrimonio forestale delle aree boschive e gratificano l’occhio nel nostro giardino; la cura e l’ordine sono sempre valori aggiunti. Ma come è possibile smaltire le ramaglie e i residui vegetali di scarto delle nostre proprietà? Come possono orientarsi le imprese agricole? Sono previste particolari autorizzazioni per lo smaltimento ramaglie?

In questo articolo tenteremo di fare chiarezza sulle recenti modifiche legislative per la gestione degli scarti vegetali sintetizzando gli ultimi cambiamenti in riferimento all’ allineamento con le direttive europee. Cercheremo inoltre di riassumere i punti chiave per un corretto smaltimento ramaglie per il singolo cittadino e per le imprese, e alcune eccezioni previste per gli addetti al settore agricolo e il riutilizzo specifico per l’industria della lavorazione dei materiali cellulosici. Indicazioni pratiche e per il bene comune, lo smaltimento degli scarti vegetali è una pratica di civiltà.

Lo scorso 6 settembre 2018 è stata discussa dal Governo la normativa italiana per lo smaltimento ramaglie che classificava lo scarto vegetale come “sottoprodotto”combustibile da smaltire come biomasse. Questo ordinamento, non condiviso dall’ Unione Europea, è stato modellato riclassificandole come “rifiuto organico” per il compostaggio da smaltire secondo regole locali di raccolta differenziata in aree urbane e siti agro-industriali. Riassumiamo i punti chiave della gestione dello smaltimento ramaglie precedente alla modifica di legge dello scorso settembre.

Il D. Lgs. 152/2006 prevedeva che lo scarto vegetale proveniente da potatura e da manutenzione forestale e agricola venisse escluso dalla disciplina del trattamento dei “rifiuti organici” e considerato “combustibile”: sfalci e potature rientravano a pieno titolo nella definizione delle “biomasse” (contenuta nell’ allegato X, parte II, sezione 4, della parte V del D. Lgs. 152/2006). La legge italiana li escludeva dalla normativa del trattamento rifiuti considerandoli“sottoprodotto”: milioni di tonnellate all’ anno di materiale di scarto vegetale poteva essere ricevuto negli appositi impianti di combustione e sottoposto al trattamento come qualsiasi altro combustibile.Questa normativa escludeva lo smaltimento ramaglie delle aree agricole e forestali dalla filiera del compostaggio. La legge 154/2016 (Collegato agricolo) estese questo ordinamento anche agli scarti vegetali della manutenzione delle aree verdi dei singoli e delle aree urbane,dapprima esteso solo allo smaltimento ramaglie provenienti da attività̀ agricole e forestali. La classificazione dei “sottoprodotti” come biomassa venne ampliata per mediare delle complicazioni burocratiche e diminuire i costi dei piccoli comuni rurali per il loro smaltimento.

Il D. Lgs. 152/2006 con la modifica della legge 154/2016, evidenziava una discrepanza tra gestione nazionale ed internazionale dello smaltimento ramaglie: mentre l’Italia continuava a considerarle materiale da smaltire come biomassa, l’Europa le classificava come “rifiuti organici”. Il nostro ordinamento creò il contenzioso 9180/2017 con l’Unione europea: la normativa nazionale risultava in contrasto con la 2008/98C e la Commissione europea aprì un fascicolo per violazione delle norme Ue in materia. A settembre 2018 il Governo italiano ha riallineato le procedure secondo le normative europee, un’intesa che ha evitato una potenziale procedura di infrazione delle regole comunitarie e lo smaltimento ramaglie previsto dal D. Lgs. 152/2006 è stato modificato avvicinandolo alla linea del diritto europeo.

Ma come gestire in concreto lo smaltimento ramaglie?

Dai piani alti dello Stato ai nostri boschi e giardini, i singoli e le imprese necessitano di una direttiva chiara e aggiornata. Cerchiamo di dispensare qualche semplice linea guida per smaltire gli scarti vegetali dei terreni.

Per i singoli soggetti che si occupano delle loro proprietà, è ammesso il compostaggio presso il sito con l’utilizzo di appositi contenitori forniti dal Comune di residenza, altresì è previsto il ritiro delle ramaglie dagli operatori incaricati. Qualora il compost prodotto venga utilizzato nella stessa attività e sia compatibile alle esigenze agronomiche delle specie vegetali coltivate (riferimento al D.G.R.V. 568/2005, capitolo 9), non è prevista necessità di autorizzazione dagli enti di competenza.

Diversa la direttiva per l’attività di compostaggio per le imprese del settore primario alle quali è richiesta l’autorizzazione ordinaria. Se le ramaglie vengono trasportate ad un impianto di trattamento rifiuti, il responsabile dell’attività agricola è obbligato ad avere il formulario per il trasporto e ad iscriversi all’Albo dei gestori ambientali (riferimento art. 212 del D.lgs. 152/2006). L’esenzione è prevista in caso di trasporti occasionali e saltuari superiori a trenta chilogrammi o di trenta litri (riferimento art. 193, comma 4 del D. Lgs. 152/2006), e per i soggetti che svolgono l’attività della gestione del verde pubblico per conto del Comune, i quali non sono assoggettati all’ obbligo del formulario.

Nel caso di attività professionali come giardinieri, vivaisti e contoterzisti che prestano servizio per un’impresa agricola e si occupano direttamente dello sfalcio delle ramaglie delle abitazioni e dei terreni privati, è previsto lo smaltimento del materiale di scarto nella propria sede per riutilizzarlo nelle normali pratiche agricole. In questo caso non è assoggettato alla normativa sui rifiuti in quanto lo scarto rientra nella nozione di “sottoprodotto”(come integrata dall’art. 185, comma 2: possono essere sottoprodotti i materiali vegetali provenienti da attività agricole utilizzati nelle attività agricole).

In ultimo, sottolineiamo l’eventuale utilizzo delle ramaglie come materiale di lavorazione nell’ industria dei materiali cellulosici per la produzione di mobili, carta ed altri prodotti. Gli impianti di ricezione considerano i residui vegetali come materie prime riconducibili alla classificazione generale di “sottoprodotto” e non di rifiuto organico.

Bruciare gli sfalci e le potature rientra nello smaltimento ramaglie consentito dalla legge?
L’antica pratica del “taglia e brucia”, metodo precursore della chimica fertilizzante dei nostri giorni ha trovato una disposizione di “buon senso”. Il decreto legge 24 giugno 2014, n. 91 ha appianato le divergenze di questa materia spesso discussa tra Stato e regioni, le quali consentivano di bruciare gli scarti vegetali. Il Codice dell’ambiente prevede il raggruppamento e la combustione in piccoli cumuli in quantità giornaliere non superiori a tre metri steri per ettaro da effettuare nel luogo della produzione. Questa pratica agricola è vietata nei periodi di massimo rischio per gli incendi boschivi dichiarati dalle regioni, in condizioni meteorologiche, climatiche o ambientali sfavorevoli. Particolare attenzione è rivolta al monitoraggio delle polveri sottili nocive per la salute dell’uomo (PM10), alle quali anche lo smaltimento delle ramaglie contribuisce ad alzarne i livelli. In questi casi i comuni e le altre amministrazioni competenti in materia ambientale hanno la facoltà di sospendere, differire o vietare la combustione del materiale.

Scritto da: Elena Bittante

Fonte: https://www.biomassapp.it/blog/lo-smaltimento-delle-ramaglie-che-punto-e-la-normativa

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