Un’iniziativa promossa dal cobas lavoro privato a sostegno dei
lavoratori delle aziene appaltatrici impegnati nei servizi di pulizia e
facchinaggio. Dicono Federico Giusti e Marcello Pantani dei Cobas pisani
che le condizioni di lavoro di questi lavoratori sembrano regolate più
dalla legge della jungla che dalle normative in vigore. Una condizione
comune a gran parte degli appalti, quelli pubblici inclusi.
Molti di loro sono immigrati di origine filippina
(una trentina dei circa 70 lavoratori hanno aderito ai cobas), assunti
dalle coop Arca a Cooplat (tanto la Sat che gestisce lo scalo non
controlla) con contratti diversi, con l’orario spezzettato in svariate frazioni,
anche molto distanti tra loro, nell’arco della giornata. Ogni mese si
vedono rendicontate in busta paga in misura inattendibile le ore di
lavoro, premio di produttività e ticket mensa sono distribuiti in modalità inique e arbitrarie, mentre i carichi di lavoro sono insostenibili, soprattutto nel facchinaggio,
anche per effetto della riduzione sistematica del numero degli addetti
alle operazioni di carico e scarico bagagli con grave rischio per le
condizioni fisiche e la sicurezza.
Giusti e Pantani si soffermano su un caso particolare, quello di un lavoratore risultato da visita medica inadeguato alla mansione di facchinaggio. La ditta lo ha assegnato alla mansione di pulizia, dimezzandogli le ore e mettendo alla fame lui e la sua famiglia.
In alternativa, gli ha “offerto” di svolgere le ore mancanti (3/4 al
giorno, da lunedì a venerdì) a 90 chilometri di distanza, caricandolo di
spese di viaggio più o meno equivalenti al salario ricavabile da questo
lavoro in “trasferta” e costringendolo a viaggiare circa 5 ore, con, al
ritorno a Pisa, altre 4 ore di lavoro in aeroporto, fino all’1,30 della
notte. I Cobas hanno già chiesto alla ditta di rinunciare a questa
“soluzione” ricevendo un rifiuto netto e categorico. Seguiranno altre e
più clamorose forme di lotta.
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