Sanificazione degli ambienti di lavoro: come ottenere il credito d’imposta

Alessandro Poli – Andersen Tax & Legal Italia

Il bonus per gli interventi di sanificazione degli ambienti di lavoro, introdotto dal decreto Cura Italia e ampliato dal decreto Liquidità, è una delle principali misure agevolative introdotte a sostegno delle aziende interessate, in primis, dalla ripresa delle attività produttive della fase 2. Se è ormai nota la misura del credito d’imposta, pari al 50% delle spese sostenute, alcuni dubbi sono emersi in merito alla determinazione della definizione di sanificazione e dei requisiti specifici dei soggetti che possono svolgere tali interventi. In particolare, l’inidoneità della attestazione degli interventi rilasciata da soggetto non in possesso di abilitazione potrebbe escludere l’accesso al credito d’imposta e ben più gravi responsabilità in tema di sicurezza sui luoghi di lavoro o verso terzi.

Con il dichiarato obiettivo di contrastare la diffusione del contagio da Covid-19, dalla fine del mese di febbraio 2020 il Governo italiano ha fornito linee guida per la tutela della salute dei cittadini nei luoghi chiusi, e in particolare dei lavoratori, nonché ha adottato misure di sostegno economico a beneficio di tutti i soggetti direttamente chiamati a garantire la sicurezza dei lavoratori e dei clienti, tramite l’attuazione di interventi di sanificazione degli ambienti.
Tra queste misure la principale è costituita dal credito d’imposta per le spese di sanificazione degli ambienti di lavoro, introdotto dal decreto Cura Italia (D.L. n. 18/2020 convertito con modificazioni nella l. n. 27/2020), che all’art. 64 prevede il riconoscimento di un credito d’imposta, nella misura del 50 per cento delle spese di sanificazione degli ambienti e degli strumenti di lavoro sostenute e documentate fino ad un massimo di 20.000 euro per ciascun beneficiario, nel limite complessivo massimo di 50 milioni di euro per l’anno 2020.

Cosa prevede il bonus sanificazione

Detto bonus è stato successivamente esteso nel suo presupposto oggettivo, ad opera dall’art. 30 del decreto Liquidità (D.L. n. 23/2020), con la ricomprensione, nel novero di quelle agevolabili, anche delle spese sostenute nell’anno 2020 per l’acquisto di dispositivi di protezione individuale e altri dispositivi di sicurezza atti a proteggere i lavoratori dall’esposizione accidentale ad agenti biologici e a garantire la distanza di sicurezza interpersonale.
I caratteri essenziali del credito d’imposta collegato ai costi di sanificazione degli ambienti di lavoro possono essere così schematizzati:
– spetta ai soggetti esercenti attività d’impresa, arte o professione;
– il bonus corrisponde al 50% delle spese “agevolabili”, sostenute nel corso del solo anno 2020;
– il limite massimo dell’agevolazione è pari a euro 20 mila per ciascun beneficiario, fermo il rispetto della dotazione complessiva pari a euro 50 milioni;
– le spese che possono generare il credito sono sia quelle per la sanificazione degli ambienti di lavoro che quelle finalizzate alla protezione dei lavoratori dall’esposizione accidentale ad agenti biologici ovvero per garantire la distanza di sicurezza interpersonale nello svolgimento delle attività.
Con circolare 9/E del 13 aprile 2020 l’Agenzia delle Entrate ha espressamente chiarito che il credito d’imposta in esame potrà essere utilizzato anche per l’acquisto di dispositivi di protezione individuale, “DPI”, tra i quali, a mero titolo esemplificativo, mascherine (chirurgiche, o omologate Ffp2 e Ffp3), visiere e occhiali protettivi, guanti, tute di protezione e calzari monouso. Ugualmente, nel documento di prassi, l’Agenzia delle Entrate ritiene agevolabile “l’acquisto e l’installazione di altri dispositivi di sicurezza atti a proteggere i lavoratori dall’esposizione accidentale ad agenti biologici o a garantire la distanza di sicurezza interpersonale (quali, ad esempio, barriere e pannelli protettivi). Sono, inoltre, compresi i detergenti mani e i disinfettanti“.
A seguito dell’avvio della Fase 2 dell’emergenza Covid-19, tutte le attività economiche e commerciali sono soggette a specifici obblighi in materia di sanificazione di cui al Protocollo d’intesa tra Governo e parti sociali per la “regolamentazione delle misure per il contrasto e il contenimento della diffusione del virus Covid-19 negli ambienti di lavoro”, recentemente aggiornato ed allegato al DPCM 26 aprile 2020 (allegato 6), ovvero, sinteticamente, pulizia degli ambienti almeno due volte al giorno, ampia disponibilità di prodotti per la disinfezione delle mani, sanificazione in base alle direttive previste dalla circolare del Ministero della Salute n. 5443 del 22 febbraio 2020 (che prescrive pulizia dei locali con l’utilizzo di detergenti disinfettanti o a base di cloro e alcool, specifiche misure nel caso sia accertata la presenza di soggetti contagiati e, prima della riapertura, la sanificazione straordinaria degli ambienti, delle postazioni di lavoro e delle aree comuni).
Proprio per tale ragione, e per il conseguente amplissimo impatto delle disposizioni che governeranno la ripartenza delle attività produttive, dei servizi e delle attività commerciali, in attesa dell’emanazione del decreto attuativo del Ministero dello Sviluppo Economico di concerto con il Ministro dell’Economia e delle Finanze, che ragionevolmente introdurrà una procedura ad hoc per l’accesso alla misura agevolativa, pare opportuno determinare cosa deve intendersi per sanificazione e quali soggetti possono svolgere gli interventi di sanificazione.

Definizione di sanificazione

Al riguardo, invero, sono molteplici i dubbi in ordine alla possibilità che il singolo interessato dall’obbligo di pulizia e sanificazione possa procedere autonomamente all’acquisto di detergenti e disinfettanti ed alla pulizia dei locali ove accedono clienti e lavoratori: questo, quanto meno, nell’ottica della successiva certificazione e dimostrazione degli interventi, non solo ai fini fiscali.
Peraltro, risulta che alcune Regioni stiano adottando ordinanze che impongono discipline maggiormente restrittive in tema di obblighi di utilizzo di misure di prevenzione prevedendo, ad esempio, l’esecuzione giornaliera (o addirittura con maggior frequenza nell’arco della stessa giornata) di interventi di sanificazione per il settore del commercio, e fornendo, tuttavia, istruzioni operative fuorvianti o potenzialmente in contrasto con quelle che saranno le disposizioni attuative dettate dal MISE.
Occorre dunque prendere le mosse dalla definizione di pulizie e di sanificazione, fornita dal decreto Ministero dell’Industria, del Commercio e dell’Artigianato n. 274 del 1997 con il quale è stato adottato il regolamento di attuazione degli articoli 1 e 4 della L. 82/1994, per la disciplina delle attività di pulizia, di disinfezione, di disinfestazione, di derattizzazione e di sanificazione.
L’articolo 1 del suddetto DM definisce attività di pulizia (lett. a) “quelle che riguardano il complesso di procedimenti e operazioni atti a rimuovere polveri, materiale non desiderato o sporcizia da superfici, oggetti, ambienti confinati ed aree di pertinenza” e attività di sanificazione (lett. e) “quelle che riguardano il complesso di procedimenti e operazioni atti a rendere sani determinati ambienti mediante l’attività di pulizia e/o di disinfezione (distruzione o inattivazione di microrganismi patogeni, ndr) e/o di disinfestazione ovvero mediante il controllo e il miglioramento delle condizioni del microclima per quanto riguarda la temperatura, l’umidità e la ventilazione ovvero per quanto riguarda l’illuminazione e il rumore”.
Ciò posto, si evidenzia che in base al successivo articolo 2 l’esercizio dell’attività di sanificazione presuppone la nomina di un responsabile della gestione tecnica, in rapporto di immedesimazione con l’impresa, che possa dimostrare il possesso di particolari requisiti tecnico-professionali concernenti il percorso di formazione (che comprenda lo studio della chimica, o delle scienze naturali e biologiche) ovvero, in determinati casi, la pregressa esperienza professionale qualificata, per un triennio, nello specifico campo di attività.
Il mancato assolvimento dell’obbligo di nomina del preposto alla gestione tecnica e delle altre condizioni disciplinate dal DM 274/1997 costituisce impedimento all’iscrizione nel Registro delle imprese o all’Albo delle imprese artigiane e, di fatto, la preclusione all’esercizio stesso delle attività di sanificazione.

Attestazione degli interventi di sanificazione

Si raccomanda, in conclusione, particolare attenzione nell’ affidamento dei servizi di sanificazione resi obbligatori a livello nazionale per il contrasto nella diffusione del Covid-19 nella prospettiva dell’allentamento delle prescrizioni di sospensione delle maggior parte delle attività produttive e commerciali: come anticipato, infatti, l’inidoneità della attestazione degli interventi rilasciata da soggetto non in possesso di abilitazione potrebbe escludere l’accesso al credito d’imposta di cui all’art. 64 del D.L. Cura Italia e ben più gravi responsabilità in tema di sicurezza sui luoghi di lavoro o verso terzi (su quest’ultimo tema meritano attenzione i chiarimenti recentemente forniti dal Governo nel corso del question time alla Commissione Lavoro della Camera: il sottosegretario del Ministero del Lavoro ha infatti evidenziato la difficoltà di configurare una “responsabilità civile o penale del datore di lavoro che operi nel rispetto delle regole”, mettendo in luce come “una responsabilità sarebbe, infatti, ipotizzabile solo in via residuale, nei casi di inosservanza delle disposizioni a tutela della salute dei lavoratori e, in particolare, di quelle emanate dalle autorità governative per contrastare la predetta emergenza epidemiologica”).
Con riferimento agli interventi di sanificazione svolti nei luoghi di lavoro e nei locali commerciali, poiché il riconoscimento del credito d’imposta non avverrà automaticamente ma richiederà la presentazione di apposita documentazione delle spese sostenute, i soggetti interessati dovranno farsi rilasciare un dettaglio delle operazioni svolte e dei prodotti utilizzati, eventualmente inserendo tali specifiche nella descrizione del documento fiscale rilasciato dal fornitore ai sensi dell’art. 21, comma 2, del D.P.R. n. 633/1972, nonché tenere un registro per l’annotazione periodica degli interventi.
Nelle more dell’adozione del decreto attuativo da parte del MISE e del MEF è opportuno, pertanto, che gli esercenti attività di impresa, arte o professione che attueranno tutte le misure necessarie per poter concretamente ripartire secondo le prescrizioni ed il calendario dettati dal Governo per la Fase 2, conservino la documentazione idonea a dimostrare l’effettivo sostenimento e la determinazione dei costi agevolabili, vale a dire le fatture e ogni documento relativo all’ acquisizione dei beni o dei servizi che danno origine al credito di imposta, pena l’impossibilità di accedere alla misura di sostegno ovvero la successiva revoca del beneficio.
Sul piano operativo è auspicabile che il decreto attuativo non introduca un meccanismo simile al “click-day” già adottato in altre fattispecie: tale procedura per accedere al credito, infatti, aggraverebbe i rischi di insufficienza dei fondi messi a disposizione dal decreto Cura Italia, lamentata da diverse associazioni di categoria, in ragione del probabile e veloce esaurimento del fondo pari a 50 milioni di euro per l’anno d’imposta 2020, oltre il quale non saranno garantite agevolazioni.

Verso il decreto Maggio

Nel frattempo, stando alle notizie che circolano da alcuni giorni, il nuovo provvedimento teso a fronteggiare l’emergenza Covid-19 ed a fornire sostegno all’economia italiana (decreto Maggio) estenderà il credito d’imposta per la sanificazione agli enti del Terzo Settore e potrebbe affiancare all’attuale beneficio – alcuni commenti parlano addirittura di integrale sostituzione – un bonus fiscale riconosciuto a fronte delle spese che saranno sostenute per l’adeguamento e la messa in atto delle misure concernenti la sicurezza di stabilimenti, uffici e impianti contributi per la sicurezza e il potenziamento dei presidi sanitari previsti per le imprese.
Il diverso credito d’imposta al vaglio del Governo verrebbe in aiuto di tutti i soggetti tenuti al rispetto dei protocolli siglati con le parti sociali e formalmente recepiti, in ultimo, dal decreto Liquidità, e potrebbe prevedere la possibilità di recupero integrale delle spese affrontate per garantire dal rischio contagio nei luoghi di lavoro, ovvero, in alternativa, l’accesso a contributi messi a disposizione dall’INAIL per il potenziamento dei presidi sanitari ed il miglioramento dei livelli di salute.
Fonte: https://www.ipsoa.it/documents/finanziamenti/imprenditoria/quotidiano/2020/05/08/sanificazione-ambienti-lavoro-ottenere-credito-imposta
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