Di logistica dell’ultimo miglio o Last mile logistics si cominciò a parlare intensamente circa dieci anni or sono: allora c’era la bolla speculativa di Internet, il commercio elettronico – il cosiddetto B2C – e un trend che, a detta di molti, avrebbe in breve tempo rotto tutti gli schemi della logistica tradizionale.
Il consumatore sarebbe stato comodo a casa propria ad acquistare e i negozi tradizionali avrebbero gradualmente lasciato il passo a un nuovo modello di consumo, per così dire “remoto”.
E in effetti – a distanza di più di oltre dieci anni – possiamo affermare che parte di ciò sia avvenuto. Si pensi per esempio al settore dell’elettronica di consumo; distributori virtuali nati dal nulla, molti negozi tradizionali o di prossimità lasciare per così dire la mano e i grandi retailer tradizionali a combattere ad armi pari, cercando in tutti i modi di fidelizzare il consumatore e aprendo essi stessi un canale di vendita virtuale.
Ma è pur vero che già molto prima dell’avvento dell’e-commerce alcuni comparti merceologici BtoB convivevano già con problematiche tipiche della logistica dell’ultimo miglio; si pensi per esempio al settore dei giornali, della farmaceutica, del pane industriale di giornata o ancora del latte fresco; tutte logistiche che, per effetto di requisiti di servizio molto spinti, ambiti territoriali coperti molto ampi e drop di consegna contenuti, sono state da sempre complesse e onerose da gestire, e per questo oggetto di studio e di attenzione.
Oggi il tema ritorna per una seconda volta d’attualità; e ciò in conseguenza di due fenomeni.
Il primo di carattere strutturale, legato alla congestione delle vie di traffico, e al sempre più difficoltoso accesso ai centri urbani.
Il secondo strettamente correlato alla crisi dei consumi, che hanno portato anche nella logistica secondaria tradizionale (quella per intendersi del “penultimo miglio”, fino alle porte del punto di vendita), le medesime complessità e problematiche tipiche della logistica dell’ultimo miglio (quella ovvero fino alla casa del consumatore).
Di qui, la semplificazione. Anche chi non ha a che fare con una consegna al consumatore finale parla di logistica dell’ultimo miglio. Improprio nella terminologia, sincero nella dichiarazione implicita delle complessità che deve gestire quotidianamente.
Sta tuttavia radicalmente cambiando il modo con cui si affronta (o si deve affrontare) questa tematica.
 
Anni fa l’unica (e sola) alternativa era gestire il processo di pianificazione del trasporto secondario in maniera totalmente manuale, assemblando gli ordini, verificando i vincoli, le fasce orarie di consegna e calcolando le sequenze di giro più opportune, il tutto senza alcun tipo di supporto o strumento informatico.
E non è infatti un caso se:
■ nella funzione logistica delle aziende che hanno così affrontato la problematica per anni, si siano consolidate figure professionali assolutamente insostituibili, senza le quali – c’è da riconoscerlo – non si sarebbe potuta gestire una simile complessità. Persone in grado di gestire giornalmente (e anche più volte in un giornata lavorativa) un numero impressionante di informazioni, di situazioni particolari (si pensi alle urgenze, ai posticipi e anticipi di consegna) e di vincoli (portata mezzo, ecc.);
■ le stesse aziende abbiano spesso optato per soluzioni operative – per così dire – semplificate (per esempio, giro fisso vs giro dinamico), per circoscrivere la complessità gestita, consapevoli di qualche disottimizzazione sul versante dei costi e/o del servizio reso.
 
Fortunatamente, da qualche tempo, grazie anche alla diffusione di cartografie digitali evolute (e precise), l’offerta software asservita a questa specifica tematica si è notevolmente arricchita, presentandosi sul mercato non solo con prezzi decisamente più abbordabili (cosa non trascurabile) ma, soprattutto, cogliendo il vero punto centrale a cui è collegata la diffusione di simili strumenti nell’ambito delle aziende che vivono quotidianamente questa problematica di trasporto, ovvero:
■ fare leva sull’addetto preposto alla pianificazione, aiutandolo e supportandolo maggiormente con strumenti che gli facilitino il lavoro, senza sostituirlo,
■ “nascondere” per quanto possibile tutta la matematica e gli algoritmi sottostanti lo strumento, assolutamente indispensabili per ricercare soluzioni ottimizzanti differenzianti ma pericolosi se non opportunamente “tradotti” in parametri facilmente comprensibili dall’operatore,
■ ricondurre l’utilizzo dello strumento a qualcosa di molto intuitivo, semplice, immediato e veloce (attraverso tutto ciò che offre l’informatica dei nostri giorni, ovvero grafica spinta, rappresentazione a oggetti, ecc.)
 
Ciò ha reso possibile un primo passo importante verso una visione più ampia e allargata della logistica dell’ultimo miglio.
Una visione che fa leva sulla possibilità – offerta per l’appunto dai nuovi strumenti – di verificare gli effetti derivanti dalla modifica di ciascun vincolo o condizione al contorno, sui costi e/o sul livello di servizio reso al cliente (sia esso un consumatore finale o un punto di vendita, non importa).
E questo attraverso simulazioni, per verificare gli impatti su un consuntivo recente, piuttosto che testare sul campo nuove soluzioni operative, come il cambio del mix della flotta automezzi, la modifica delle finestre orarie sui clienti, la gestione della consegna in fasce orarie a basso traffico (per esempio di notte) – o ancora – l’utilizzo di mezzi con sponda idraulica (per velocizzare le attività di scarico).
Una nuova prospettiva tuttavia che non si esaurisce qui.
Dalla logistica dell’ultimo miglioal territory planning

È indubbio come la presa di coscienza dei rapporti di causa ed effetto esistenti tra una scelta operativa, il costo logistico e il servizio reso al cliente rappresentino già di per sé un traguardo importante, tuttavia la visione ampia e allargata sul tema dell’ultimo miglio a cui mi riferisco comprende molto di più.

In primis la rete logistica a monte, intesa come combinato di depositi periferici e di logistica primaria; secondariamente la rete vendita.

Un conto è infatti ottimizzare la logistica dell’ultimo miglio tout court intervenendo – come si diceva – sulle leve operative del trasporto secondario, un altro è includere nella riflessione (e nell’eventuale ripensamento) l’intera rete logistica (ovvero, il numero di depositi, la loro localizzazione, piuttosto che il modello di rifornimento).
L’ottimo ricercato (e trovato) è il più delle volte di gran lunga migliorativo nel secondo caso rispetto al primo, anche se le condizioni da mettere in atto per raggiungerlo possono essere indubbiamente stravolgenti per l’interno sistema logistico.
Ed è per questa ragione che si affronta solitamente questa problematica su due diversi piani temporali, uno di brevissimo respiro mirato a identificare le soluzioni ottimizzanti “a parità” e uno di più ampio e lungo orizzonte, aperto a tutti gli scenari logistici possibili, anche ai più azzardati.
La progettualità, in questo secondo caso, la si affronta ancora con gli strumenti di pianificazione/ottimizzazione sopra citati, coadiuvati però da una serie di modellizzazioni addizionali; mentre la decisione se procedere o meno verso una soluzione ottimale identificata è pur sempre la convenienza economica o strategica (se includiamo nel ragionamento anche la leva servizio) in rapporto alla complessità realizzativa (investimenti, rischi collegati e impatti sulla organizzazione).

Per ciò che riguarda invece il tema della rete vendita, due sono le ragioni principali che suggeriscono di includerla nelle riflessioni sull’ultimo miglio.

Innanzitutto perché in taluni settori e canali commerciali sopravvive ancora il modello della tentata vendita (nei fatti un venditore con un magazzino viaggiante che visita in sequenza più clienti), nonostante molti siano ormai concordi nell’affermare la sua strutturale inadeguatezza e inefficienza. Ed in questo caso ottimizzare la logistica dell’ultimo miglio significa di fatto ottimizzare anche il giro del venditore.

Secondariamente perché le medesime logiche e i medesimi strumenti prima citati per ottimizzare un giro di consegna potrebbero essere tel quel adottati – con le medesime ricadute positive – per ridisegnare i giri dei venditori, anch’essi risorse con un tempo a disposizione, determinate velocità di percorrenza e vincoli operativi (finestre di visita del cliente, canale di appartenenza del cliente, gamma prodotti presentata, set di attività svolte sul punto di vendita).
Il senso di questo secondo allargamento – alle vendite – è quello di suggerire riflessioni e soluzioni in grado di ottimizzare l’intero apparato dell’azienda operante sull’ultimo miglio (vendite & logistica) e non solo nei casi obbligati (tentata vendita); riflessioni che permettono di:
■ evitare ottimizzazioni “a metà” (in seno alla sola logistica) e lavorando su una voce di costo complessiva che può superare nel suo complesso il 15-20% del fatturato;
■ ricercare ottimizzazioni derivanti da una gestione sinergica e sincronizzata delle due fattispecie (ovvero attività del venditore e del consegnatario).

In questi termini credo che parlare oggi di logistica dell’ultimo miglio tout court sia riduttivo e sia necessario allargare la visuale e la prospettiva.

E affermo ciò con la serenità di chi è consapevole della scarsa attenzione con la quale le imprese mettono in discussione (meglio revisione) il proprio network logistico e ancor più le proprie reti vendita, anche a fronte di continue evoluzioni (clienti che nascono, punti vendita che chiudono, clienti che si sviluppano…). Tutte dinamiche stranote che determinano nel tempo forti modificazioni di un territorio dal punto di vista della conformazione dei flussi. E ciononostante, tutto rimane immutato, salvo piccoli adattamenti (“quel nuovo cliente diamolo al venditore Rossi”).
Perché tutto ciò? Perché sollevare questa questione nell’impresa significa toccare due aree nevralgiche molto delicate da affrontare.

La via che perseguono per contro le aziende più virtuose è duplice:
1- ricercare soluzioni operative, pensate e progettate in logica integrata, lungo l’intero processo dell’ordine (dall’acquisizione alla consegna), abbracciando tutte le risorse tecniche (automezzi) ed organizzative (consegnatari, venditori) che operano sul territorio. In una parola operando in una logica di territory planning;
2- riverificare ciclicamente che tutto torni, e se del caso, operare degli adattamenti.

I benefici percentuali potenzialmente ottenibili sul versante dell’efficienza e del miglioramento dei servizio operando con questo approccio sono ingenti, a due cifre, e senza alcun indugio nell’affermarlo.

È giusto tuttavia, per onestà intellettuale, dare alcune avvertenze prima di procedere.
A. Serve prima di tutto una forte volontà da parte della Proprietà e del Top Management dell’azienda. Si lavora su due aree nevralgiche dell’azienda e serve grande motivazione e convincimento per mettere in atto modificazioni importanti a livello di assetto logistico e di rete vendita.
B. C’è dietro le quinte un ingente lavoro preparatorio da fare. La pulizia delle anagrafiche cliente, spesso corrette per la fatturazione, meno per localizzare esattamente i clienti sul territorio. Una pulizia tuttavia che una volta fatta si può capitalizzare per un futuro utilizzo.
C. C’è necessità di un lavoro congiunto tra logistica e vendite, senza il quale si arriva poco lontano o ancora peggio si traguardano obiettivi di piccolo cabotaggio (guai a lavorare in serie o a silos).
D. C’è bisogno di strumenti software di ultima generazione, ma non necessariamente da acquistare; ci sono a tale riguardo società di consulenza specializzate in grado di supportare operativamente l’azienda in questi progetti (la GEA è una tra le prime in Italia ad avere consolidato esperienze significative in quest’ambito).
E. È auspicabile che, una volta realizzato il primo progetto con un supporto consulenziale esterno, l’azienda si doti al proprio interno di capacità di riconfigurazione del proprio network, mettendo in atto una funzione ad hoc con strumenti opportuni. Capacità che una volta messe in atto daranno la possibilità all’azienda di realizzare con sistematicità delle verifiche e delle tarature, in pressoché totale autonomia, alla ricerca continua di economie marginali.
Fonte: logisticamanagement.it
 
 
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