Riportiamo di seguito una interessante analisi sul settore logistico tratta di repubblica.it:

Erano i “muli” dell’industria manifatturiera. Quelli a cui affidare i lavori umili e di fatica: stoccaggio

delle merci, trasporti e consegne su gomma, e relative rogne alle dogane per le esportazioni. Margini da zero virgola, poca innovazione, e quando l’economia non gira si chiudono le serrande. Oggi, invece, la logistica del Made in Italy schiera in pista i nuovi cavalli di razza che si propongono di fare da traino ai nuovi trend dell’economia: dall’ecommerce fino alla riorganizzazione delle filiera produttive. Stiamo parlando di un universo di imprese, 150 mila, che fattura quasi 80 miliardi l’anno e racchiude tutto quel mondo (interporti, magazzini, spedizioni e autotrasporto) che gestisce e movimenta le merci in arrivo o in uscita. Circa la metà di questo giro d’affari ormai proviene dalla logistica in outsourcing, ma la punta di diamante del settore è rappresentato dagli 8 miliardi di ricavi generati nella cosiddetta strategic contract logistics. I protagonisti sono quei provider logistici che offrono servizi integrati alle aziende produttrici. Basti pensare a Bcube, Fercam o al Gruppo Fisi, tutte società a capitale italiano, che crescono a suon di acquisizioni, si internazionalizzano e si propongono come operatori di servizi avanzati; oppure Ceva Logistics (a capitale americano) che in Italia lancia forme di logistica collaborativa, come la Tech City dove gestisce sotto lo stesso tetto le merci di diverse aziende dell’elettronica.  «La logistica in Italia sta vivendo

un periodo di grandi trasformazioni – spiega Damiano Frosi, ricercatore dell’Osservatorio Contract Logistics del Politecnico di Milano – in primo luogo perché assistiamo a concentrazioni di settore, attraverso fusioni e acquisizioni. E poi perché crescono sempre di più i servizi avanzati ad alto valore aggiunto. La logistica di trasporto e di magazzino è ormai considerata come mera commodity. E le leve di sviluppo passano altrove». In particolare l’innovazione di processo gioca un ruolo decisivo: «Ci sono operatori che, fornendo servizi integrati, cominciano a specializzarsi anche nella restituzione dei resi, nelle etichettature e nel confezionamento dei prodotti. Qualcuno inizia anche ad occuparsi di promozioni nella Gdo di queste merci. Altri entrano nelle fabbriche manifatturiere e oltre a spedizioni e magazzini automatizzati si occupano pure di assemblaggio ». Insomma i logistici, da mezzofondisti stanno diventando i registi e gli acceleratori del tessuto produttivo, quelli che consentono il risparmio di tempo e di denaro, sanno ricevere e smistare un ordine, operare just- intime, consegnare direttamente al cliente. In termini di fatturato, stando agli ultimi dati di Confetra i big della logistica dei trasporti in Italia restano quelli a capitale estero: Dhl, Tnt, Saiva, Shencker, Ceva, Geodis, e pochi mantengono il tricolore come Bartolini, Arcese e Savino Del Bene. Ma se depuriamo i ricavi dalla pura movimentazione e dalle spedizioni, e ci concentriamo su quel segmento di mercato che è la strategic contract logistics scopriamo che stanno crescendo un manipolo di provider logistici del Made in Italy. È il caso di Bcube, la società della famiglia Bonzano, ex Argol Villanova, circa 500 milioni di fatturato, 4000 dipendenti per 80 sedi nel mondo e quartier generale in provincia di Alessandria, oggi alle prese con l’ennesima stagione di shopping (due società nel mirino, una in Italia e l’altra all’estero), e tanto autorevole da acquisire una partecipazione in una delle maggiori aziende, la Eagleservice, della logistica militare Usa. «Il nostro approccio all’outsourcing logistico è nel segno dell’alta specializzazione – sottolinea Enrico Bazzi, amministratore delegato del gruppo Bcube – al punto che svolgiamo anche parti produttive: dalla verniciatura all’assemblaggio, nel caso dell’automotive, e al packaging industriale. In altre parole, facciamo logistica di stabilimento dentro gli impianti del cliente. Su questi lavori ad alto valore aggiunto si avverte poco la crisi. Anzi grazie alla crescita che stiamo registrando possiamo continuare a svilupparci ancora per linee esterne». Oltre alla factory logistics, la leva dello sviluppo passa per l’e-commerce. Perché se il commercio elettronico continuerà a crescere, come tutti stimano, avrà sempre più bisogno di braccia, gambe e soprattutto cervello per gestire e consegnare tutte queste merci. «Il nostro è un settore che è stato a lungo molto frammentato, a cui l’industria ha sempre chiesto miracoli e anche a basso costo – spiega Carlo Mearelli, presidente di Assologistica – la crisi sta facendo molta pulizia riducendo il numero di imprese e incentivando le fusioni. E ora, in questa fase di riorganizzazione, è l’e-commerce che sta accelerando tutti questi processi, perché domani avremo bisogno di provider capaci di economie di scala». Anche il caso di Fercam è esemplare nel campo della logistica integrata. La società di Bolzano, della famiglia Baumgartner, 500 milioni di euro di ricavi, 1800 collaboratori e 54 filiali, è una delle poche realtà italiane che è riuscita a valicare i confini nazionali. Infatti ha puntato sull’internazionalizzazione costruendo un network europea tra hub e filiali che vale il 40% dei ricavi. Ora è tempo di muoversi anche sull’e-commerce. «Un segmento di mercato complesso perché significa arrivare direttamente al consumatore – dice Marcello Corazzala, direttore logistics & distribution Fercam noi offriamo alle aziende una soluzione unica: raccogliamo l’ordine, gestiamo scorte e resi e arriviamo persino a consegnare e installare prodotti a casa del cliente ». C’è invece chi come il gruppo Fisi di Padova, 400 milioni di fatturato, è cresciuto per fusioni e acquisizioni, l’ultima nell’ordine di tempo è quella di Number One (ex società logistica del gruppo Barilla) per diventare leader nella logistica integrata per il settore alimentare. Il fermento del comparto si riflette, seppur a chiari e scuri anche sulla Borsa. A dicembre scorso, la società toscana Savino Del Bene, 900 milioni di fatturato, ha rinunciato allo sbarco a Piazza Affari non riuscendo a ottenere abbastanza adesioni all’offerta di azioni; nel 2006 era stata Fercam, a fare un passo indietro rispetto all’Ipo annunciata. Ma per il prossimo anno tutte queste partite (e forse anche Bcube) potrebbero tornare in pista per una possibile Ipo che consenta di reperire nuove risorse per la crescita.
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