Non buttate soldi in inutili sanificazioni dell’ambiente e concentratevi sui contenuti del protocollo aziendale

Consulenti frettolosi e poco informati, spingono i propri clienti a richiedere interventi di ditte, più o meno specializzate, per sanificare ambienti lavorativi che nulla hanno da sanificare, almeno nel senso indicato dal Ministero della Salute.

La progressiva riapertura della attività commerciali unita alla speranza di ripresa delle attività economiche sta spingendo molti esercenti a pagare fior di quattrini gli interventi di sanificazione dei propri ambienti lavorativi, anche quando questo non è espressamente richiesto.

La voglia di ripartire senza incidenti di percorso, apre le tasche anche di quei  datori di lavoro che in questi mesi hanno sofferto le conseguenze economiche del “lockdown”

A proposito di adempimenti , ancor prima dell’emergenza sanitaria, il D.lgs. 9 aprile 2008, n.81 ( più conosciuto come testo unico della sicurezza), all’art. 64, annovera tra gli obblighi del datore quello di sottoporre a regolare pulitura i luoghi di lavoro, gli impianti e i dispositivi, onde assicurare ai lavoratori e ai terzi, condizioni igieniche adeguate.

Oggi, parole come pulizia, sanificazione, disinfettazione, bonifica sono diventate di dominio pubblico per chi intende mettersi in linea con le indicazioni delle autorità sanitarie, assurgendo spesso a sinonimi di operazioni in realtà molto diverse tra loro, anche in relazione al costo.

E’ giusto quindi fare un po’ di chiarezza e chiedersi:

  • Quali sono le misure obbligatorie e quali quelle liberamente adottate dal datore di lavoro, in materia di rispetto delle misure igienico sanitarie?
  • Chi è obbligato ad eseguire questa procedura prima di riaprire la propria attività?
  • Qual’è il compito del consulente per la sicurezza in questo frangente?

Queste sono solo alcune delle domande che spesso mi provengono da più parti, per dissolvere una certa confusione interpretativa dei DPCM che si sono susseguiti in questi mesi, in materia di misure urgenti di contrasto e contenimento del diffondersi del virus Covid-19, nei luogo di lavoro.

Confusione sicuramente stimolata anche da quanti, interessati professionalmente, tendono ad incentivare operazioni di sanificazione chimica dei luoghi di lavoro, anche dove non è richiesto o necessario.

C’è da dire che il Governo, già con il DPCM 11 marzo 2020, contenente misure urenti in materia di contenimento e gestione dell’emergenza epidemiologica da Covid-19, richiedeva di incentivare le operazioni di sanificazione dei luoghi di lavoro anche utilizzando a tal fine forme di ammortizzatori sociali.

Raccomandazione ripresa dal Protocollo condiviso di regolamentazione delle misure per contrasto e il contenimento della diffusione del virus Covid-19 negli ambienti di lavoro sottoscritto in data 14 marzo 2020, tra Governo e parti sociali.

Il Protocollo al punto 4 – pulizia e sanificazione in azienda – stabilisce:

  • l’azienda  assicura  la pulizia  giornaliera  e  la  sanificazione  periodica  dei  locali,  degli ambienti, delle postazioni di lavoro e delle aree comuni e di svago;
  • nel caso di presenza di una persona con COVID-19 all’interno dei locali aziendali, si  procede  alla  pulizia  e  sanificazione  dei  suddetti  secondo  le  disposizioni  della circolare n. 5443 del 22 febbraio 2020 del Ministero della Salute nonché alla loro ventilazione
  • occorre  garantire  la  pulizia  a  fine  turno  e  la  sanificazione  periodica  di  tastiere, schermi  touch,  mouse  con  adeguati  detergenti,  sia  negli  uffici,  sia  nei  reparti produttivi
  • l’azienda  in  ottemperanza  alle  indicazioni  del  Ministero  della  Salute  secondo  le modalità  ritenute  più  opportune,  può  organizzare  interventi  particolari/periodici di pulizia ricorrendo agli ammortizzatori sociali (anche in deroga)

Pulizia in ambienti sanitari

In letteratura diverse evidenze hanno dimostrato che i Coronavirus, inclusi i virus responsabili della SARS e della MERS, possono persistere sulle superfici inanimate in condizioni ottimali di umidità e temperature fino a 9 giorni.

Un ruolo delle superfici contaminate nella trasmissione intra ospedaliera di infezioni dovute ai suddetti virus è pertanto ritenuto possibile, anche se non dimostrato.

Allo stesso tempo però le evidenze disponibili hanno dimostrato che i suddetti virus sono efficacemente inattivati da adeguate procedure di sanificazione che includano l’utilizzo dei comuni disinfettanti di uso ospedaliero, quali ipoclorito di sodio (0.1% -0,5%), etanolo (62-71%) o perossido di idrogeno (0.5%), per un tempo di contatto adeguato.

Pertanto, in accordo con quanto suggerito dall’OMS sono procedure efficaci e sufficienti una “pulizia accurata delle superfici ambientali con acqua e detergente seguita dall’applicazione di disinfettanti comunemente usati a livello ospedaliero (come l’ipoclorito di sodio)”.

Pulizia di ambienti NON sanitari dove hanno soggiornato casi confermati di COVID-19

In stanze, uffici pubblici, mezzi di trasporto, scuole e altri ambienti non sanitari dove abbiano soggiornato casi confermati di COVID-19 prima di essere stati ospedalizzati, verranno applicate le misure di pulizia di seguito riportate.

A causa della possibile sopravvivenza del virus nell’ambiente per diverso tempo, i luoghi e le aree potenzialmente contaminati da SARS-CoV-2 devono essere sottoposti a completa pulizia con acqua e detergenti comuni prima di essere nuovamente utilizzati.

Per la decontaminazione, si raccomanda l’uso di ipoclorito di sodio 0,1% dopo pulizia.  Per le superfici che possono essere danneggiate dall’ipoclorito di sodio, utilizzare etanolo al 70% dopo pulizia con un detergente neutro.

Durante le operazioni di pulizia con prodotti chimici, assicurare la ventilazione degli ambienti.

Tutte le operazioni di pulizia devono essere condotte da personale che indossa DPI (filtrante respiratorio FFP2 o FFP3, protezione facciale, guanti monouso, camice monouso impermeabile a maniche lunghe, e seguire le misure indicate per la rimozione in sicurezza dei DPI (svestizione). Dopo l’uso, i DPI monouso vanno smaltiti come materiale potenzialmente infetto.

Vanno pulite con particolare attenzione tutte le superfici toccate di frequente, quali superfici di muri, porte e finestre, superfici dei servizi igienici e sanitari. La biancheria da letto, le tende e altri materiali di tessuto devono essere sottoposti a un ciclo di lavaggio con acqua calda a 90°C e detergente. Qualora non sia possibile il lavaggio a 90°C per le caratteristiche del tessuto, addizionare il ciclo di lavaggio con candeggina o prodotti a base di ipoclorito di sodio).

Ricapitolando, la circolare del Ministero della Salute n. 5443/2020 prevede unicamente il caso di pulizia (non viene utilizzato il termine “sanificazione”) di ambienti non sanitari dove abbiano soggiornato casi confermati di COVID-19

In tal caso le operazioni devono essere eseguite:

  • da imprese autorizzate ai sensi del D.M. 274/1997, che al termine dell’intervento rilasceranno apposita certificazione riguardante l’avvenuto intervento;
  • nel rispetto dei protocolli (mascherine FFP2 o FFP3, camice monouso, svestizione, smaltimento dei DPI monouso come materiale potenzialmente infetto, ecc.).

E per quanto riguarda gli ambienti di lavoro dove non vi sono stati casi di positività al Covid-19?

Nulla impedisce al datore di lavoro di effettuare la sanificazione degli ambienti nei termini sopra indicati, ma può andare bene anche effettuare una bella pulizia a fondo.

La pulizia si ottiene con la rimozione manuale o meccanica dello sporco anche – eventualmente – con acqua e/o sostanze detergenti.

Per cui se non rientrate nelle attività sanitarie o in quelle dove hanno soggiornato casi confermati di COVID-19, è inutile correre dietro alle ditte specializzate, meglio concentrarsi sui contenuti del protocollo aziendale anti contagi.

Fonte: https://paolovaresi.it/covid-19-il-boom-delle-sanificazioni-non-necessarie/

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